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Ponte: imputato, ‘ad di Spea mi disse di registrare riunioni’

“Perché registravo le riunioni?
Donferri (uno dei 58 indagati, ndr) insultava l’ad di Spea
Galatà. Gliene parlai e mi disse lui di registrare”. A dirlo, al
processo per crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43
vittime), è Marco Vezil, uno degli imputati, ex responsabile
dell’Ufficio tecnico di sorveglianza autostradale di Genova.
    Quelle registrazioni, che risalgono a prima della tragedia, sono
entrate nelle indagini e per la procura sarebbero emblematiche
del modus operandi di Aspi all’epoca: abbassare i voti sullo
stato delle infrastrutture per risparmiare sulle manutenzioni e
potere fare più utili.
    “Una volta in una riunione Donferri diede del cerebroleso
all’ingegnere Bernardini, che si stava occupando del progetto di
retroffitting. Lui si alzò e disse ‘non ci sto più’. A quel
punto venne messo in condizioni di andarsene e tornò a Firenze.
    Il suo posto lo ha prese Giacobbi”. Nel corso dell’udienza
Vezil, incalzato dal pubblico ministero Massimo Terrile, ha
spiegato come avvenivano le ispezioni. “Avevamo tre by bridge
per tutta la rete autostradale nazionale, per andare a guardare
le parti alte dei viadotti. Le ispezioni visive si facevano coi
i binocoli e poi con le macchine fotografiche. Io sapevo che
alcuni miei tecnici facevano le ispezioni con il binocolo
dall’alto, dalla collina di Granarolo, all’altezza di una
trattoria”.
    Per quel che concerne le prove riflettometriche Vezil ha
detto di “non averle mai lette”. Quanto alle relazioni da
cambiare, l’ingegnere ha spiegato che “nessuno di noi senza
vedere de visu l’opera poteva permettersi di variare il giudizio
di chi faceva l’ispezione”. In ogni caso “Spea doveva fare solo
ispezioni visive e da quello che appariva all’esterno non
avevamo segnali di dissesto o instabilità sugli stralli. Mai
rilevata una lesione trasversale”.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Fonte Ansa.it

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