
(di Manuel Scordo) (ANSA) – CAGLIARI, 30 DIC – “La violenza sulle donne non è
un’emergenza, è un problema strutturale e culturale del
sistema”. Ne è convinta Luisanna Porcu, coordinance del Centro
antiviolenza Onda Rosa di Nuoro e consigliera per la Sardegna
dell’associazione nazionale Di.Re. Donne in rete contro la
violenza. “L’emergenza – spiega – è una cosa che ha un inizio e
una fine, mentre il nostro è un problema sistemico”. La conferma
arriva dai dati nazionali che registrano nel 2021 oltre 100
femminicidi in tutta Italia. Anche per la Sardegna è stato un
anno orribile, non solo per l’impennata di denunce di violenze e
stalking, ma anche per le donne uccise o ferite da mariti o ex.
È dell’11 maggio a Tortolì il tentato femminicidio di Paola
Piras, 50 anni, accoltellata dal compagno Masih Shahid,
pakistano di 29 anni. Sarà lui ad uccidere il figlio 19enne
della donna, Mirko Farci, intervenuto nello strenuo tentativo di
difendere la madre. Il 7 settembre a Sennori, Adriano Piroddu,
42 anni, cerca di uccidere a colpi di pistola la sua compagna,
Piera Muresu, poi si toglie la vita impiccandosi. Lei, 48 anni,
ferita al collo e al torace si salva dopo un delicato intervento
chirurgico.
Il 9 settembre a Quartucciu viene ammazzata Angelica Salis,
60 anni, accoltellata dopo una lite violenta dal marito, il
67enne Paolo Randaccio. È del 13 dicembre, invece, il
femminicidio di Mihaela Kleics, la 50enne di origine romena
accoltellata 35 volte dal compagno, Sandro Sarais, di 56: anche
lui, come Piroddu, si suicida lanciandosi dalla finestra
dell’ospedale in cui era ricoverato. A questo terribile elenco
deve essere aggiunto l’assassinio di Alessandra Piga, 25 anni,
di Maracalagonis, accoltellata a morte dall’ex fidanzato Yassin
Erroum, di 30, in una villetta a Castelnuovo Magra, in provincia
di La Spezia.
Una lunga scia di sangue, un vero massacro. “Il femminicidio
– argomenta Luisanna Porcu – rappresenta l’ultimo atto di un
continuum di violenze che sono le espressioni di controllo e di
esercizio di potere da parte di chi, credendosi più forte, nega
all’altra persona autonomia di pensiero e di azione. L’uomo è
violento per la mancata ubbidienza della donna a un presunto
ordine precostituito patriarcale che sancirebbe i ruoli e le
funzioni all’interno della relazione uomo donna e della società
in generale”.
Secondo la coordinatrice di Onda Rosa, anche il suicidio dopo
il fatto di sangue è solo l’ultimo atto di un esercizio
patriarcale di possesso. “Diventa giudice di se stesso oltre che
della vita della donna – chiarisce – si punisce, ma non si pente
di quello che ha fatto. Non è mai un raptus, ma è proprio
l’ultimo atto dell’esercizio patriarcale”. Per Luisanna Porcu,
servono interventi di sistema e formazione per combattare questi
fenomeni. “I centri antiviolenza devono essere messi al centro
della governance – sottolinea – non possono essere le
Prefetture, le Questure o le Ats a intervenire, ma le operatrici
dei centri. Lo stesso vale per la formazione: sono le operatrici
che devono formare tutte le persone che a vario titolo entrano
in contatto con episodi di violenza, dalle forze dell’ordine
agli assistenti sociali, fino ad arrivare agli avvocati”.
Sul fronte delle norme, infine, l’esperta ricorda che “in
Italia le leggi già ci sono e non ne servono altre. Ma bisogna
applicarle, affinché nel nostro Paese la convenzione di
Instambul trovi piena attuazione”. (ANSA).
Fonte Ansa.it