
Devi essere davvero fuoriclasse
della fotografia per raccontare la moda per quasi sessant’anni
con uno sguardo sempre nuovo e la capacità di reinventarti, al
passo con un mondo che cambia continuamente anticipando le
tendenze e l’evoluzione del gusto. Norman Parkinson è stato
tutto questo dalla metà degli anni Trenta ai primi mesi del
1990, cacciatore di bellezza che ha puntato l’obiettivo su top
model celebri e giovani sconosciute divenute famose grazie a
lui, star del cinema e dello spettacolo e i reali d’Inghilterra.
Così lo descrive la prima mostra italiana che Palazzo Barolo, a
Torino, gli dedica fino al 29 giugno.
‘Norman Parkinson, always in fashion’ raccoglie 80 scatti
selezionati da Terence Pepper, per oltre 40 anni curatore della
National Portrait Gallery di Londra che proprio nel 1981 ospitò
la storica esposizione del fotografo con 250 opere entrate nella
collezione permanente del museo. “Parkinson e Cecil Beaton –
dice all’ANSA – sono due tra i più importanti fotografi
britannici di moda che hanno lavorato per Vogue dagli anni
quaranta in poi, e prima per Harper’s Bazaar”. Elegante,
ironico, amante dell’arte e allevatore di maiali, un ‘piacione’
eccentrico che amava entrare nei suoi scatti, Parkinson
rivoluzionò il linguaggio fotografico portando le modelle fuori
dagli studi, in strada e nei luoghi della vita quotidiana,
secondo quel ‘realismo d’azione’ inaugurato da Martin Munkàcsi,
ungherese radicato a New York, con le foto di ragazze che
correvano. In mostra spiccano la prima copertina per Harper’s
Bazaar del 1935 e il salto della modella in costume sulla
spiaggia dell’isola di Wight. “Questo scatto – disse – mi ha
confermato che per il resto della mia vita sarei stato un
fotografo. Ero sbalordito dalla sua magia”.
Ronald William Parkinson Smith era nato nel 1913. Il nome
Norman era del socio del primo studio di fotografia che decise
di mantenere. La scuola non faceva per lui. “Guardavo sempre
fuori dalla finestra, vedevo che le cose succedevano in strada”.
A 15 anni Parkinson fu apprendista da un fotografo di corte in
Bond Street. Tre anni dopo aprì lo studio sulla stessa strada.
Conobbe la duchessa di York, moglie del Re Giorgio VI, creando
dagli anni Trenta un legame con la famiglia reale culminato nel
1980 con l’immagine della Regina Madre per i suoi 80 anni
accanto alle figlie, la principessa Margaret e la Regina
Elisabetta II. “Il dramma dei ritratti storici sono i vestiti
diversi”, osservava il fotografo che fece cucire tre mantelle di
seta blu per quello scatto senza tempo.
Tra gli stucchi e le volte affrescate di Palazzo Barolo
scorrono le top model più acclamate accostate a decine di
copertine americane e inglesi di Vogue, Harper’s Bazaar, Vogue
Italia, Queen fino agli ultimi lavori per la rivista del
superlusso Town and Country. Negli anni Quaranta e Cinquanta
Parks documentò l’exploit della moda a Parigi e a New York.
Negli anni Sessanta le protagoniste della Swinging London da
Twiggy a Celia Hammond, tra le sue preferite, e poi la scena
glamour con Jerry Hall, Iman, Marisa Berenson. Grande spazio
occupano i divi del cinema, da Vivien Leigh negli anni Trenta a
Katharine Hepburn, Montgomery Clift, Gregory Peck, Liz Taylor,
Ava Gardner, Jean Seberg, a Audrey Hepburn – immagine guida con
l’attrice nel suo delizioso abito rosa di Givenchy fotografata
nel 1955 in una villa di campagna vicino a Roma – Raquel Welch,
Vanessa Redgrave, Charlotte Rampling. E le star della musica, i
primi Beatles e Rolling Stones, David Bowie. Modella e musa dei
primi anni fu soprattutto la moglie Wenda, bellissima ed
elegante, che compare in tanti scatti in Europa, Africa, Asia e
a Tobago, nei Caraibi, dove scelsero di vivere. La morte
improvvisa di lei nel 1987, dopo 40 anni insieme, fu un duro
colpo per Parks, che in seguito attraversò una crisi di
identità. “Se non avessi un passaporto non saprei chi sono”,
disse. Morì a 76 anni in Malesia nel febbraio 1990. Tra gli scatti
di quell’ ultimo servizio pubblicato tre mesi dopo brilla quello
della modella Deborah Harris, sirena ‘spiaggiata’ tra il mare e
gli scogli. “Di solito – osserva Pepper – i fotografi di moda
hanno una carriera decennale, pochissimi vanno avanti. Lui ha
saputo adattarsi continuamente, cambiare l’occhio rispetto ai
tempi per cogliere i mutamenti dimostrando che lo stile non
passa di moda”. Norman Parkinson sapeva di aver posato lo
sguardo su un mondo esclusivo. “Per cinquant’anni ho usato la
macchina fotografica per rendere un po’ più attraente una
piccolissima parte della popolazione mondiale”, disse. Ma non ha
mai dimenticato il principio che lo aveva guidato. Il bel
documentario che correda la mostra comincia con il suo giro in
macchina sportiva intorno al Colosseo negli anni Sessanta mentre
scorrono le sue parole: “Il lavoro della mia vita è la ricerca
costante di donne bellissime. E la bellezza, come Roma, è
eterna”.
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Fonte Ansa.it