
Un concerto “trasversale”, in cui
in tanti brani musicali, come ad esempio “Odissea”, si scivola
dal free jazz a passaggi di musica romanza, da veloci tratti
romantici che rammentano i Genesis a richiami sonori della
Parigi degli anni ’50, dalle tonalità spagnoleggianti di nuovo
alla frenesia di un jazz free, a chiudere il cerchio. E’ quello
del musicista sloveno Marko Hatlak, esibitosi ieri sera con una
band di altri tre elementi (piano, basso e batteria) al Teatro
comunale di Bagnoli della Rosandra (Trieste), per un
appuntamento legato a Barcolana 55 e regalato dalla Tal.
La trasversalità non è applicata in Hatlak soltanto
nell’incrociare vari e distanti generi in una fluente armonia ma
anche nell’ utilizzare la fisarmonica per brani scritti per
strumenti decisamente diversi. L’accordion è principe in Italia
per suonare il liscio; è valido anche per alcuni valzer, la
polka, la mazurka, per non parlare del tango, o del mondo
gitano. E’ però almeno inusuale nel jazz, figurarsi nella musica
classica. Invece nelle mani di Hatlak la fisarmonica che intona
l’aria dalla suite n. 3 in re maggiore di Johann Sebastian Bach
produce un suono che si armonizza alla composizione originale,
le note si allungano e la sonorità è dolce. Non ha la solennità
composta della versione dei Swingle Singers (quella di Quark per
intenderci), ma funziona, commuove.
Un’ora e mezza intense, tra la leggerezza di brani pop-jazz a
impegnativi assoli con passaggi di testimone dalla fisarmonica
al piano elettrico, da questo al basso, alla batteria.
Nel frequente dialogare con il pubblico in sloveno, inglese e
italiano, Hatlak annuncia il concerto, a Lubiana, il 21 ottobre,
con un il virtuoso chitarrista macedone Vlatko Stefanovski.
Poi riprende a suonare per rientrare nel solco della
tradizione con brani gipsy animati dai trascinanti ritmi
balcanici. Il quartetto trova nuova linfa quando intona la
canzone macedone “Gipsy song”: dal Dna slavo si irradia nelle
corde, sui tasti e nelle bacchette una vibrazione forte, quasi
incontenibile. Per concludere (prima di concedere tre pezzi per
il bis), con l’omaggio ad Astor Piazzolla per una tirata e
riuscita versione di Libertango.
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