
Attraverso una società attiva nel
settore dello smaltimento rifiuti, più volte oggetto di
interdittiva antimafia e intestata ad un prestanome, una
famiglia vicina al clan dei Casalesi continuava ad operare nello
strategico settore ambientale da sempre nell’orbita camorristica
e a fare profitti che poi riusciva a far “sparire” e intascare
attraverso reati fiscali.
E’ l’accusa contestata ad otto persone arrestate dalla
Guardia di Finanza di Roma (Nucleo di Polizia Valutaria) con la
collaborazione delle Fiamme Gialle di Caserta, su ordine del Gip
del tribunale di Napoli; due sono finite in carcere, sei ai
domiciliari per associazione a delinquere finalizzata ai reati
di riciclaggio di denaro, frode fiscale ed intestazione fittizia
di beni, aggravati dalla finalità di agevolare il clan dei
Casalesi. I finanzieri hanno anche sequestrato soldi e conti,
beni mobili e immobili, per oltre 11 milioni di euro, oltre alla
totalità delle quote di partecipazione al capitale
sociale e dei complessi aziendali di sei società.
L’indagine è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale
Antimafia di Napoli. Gli inquirenti hanno accertato il costante
ricorso da parte degli indagati ad un ramificato sistema di
società cartiere, esistenti cioè solo sulla carta, che
emettevano fatture per operazioni inesistenti a favore della
società di rifiuti movimentando molto danaro che veniva poi
fatto confluire su conti correnti bancari e postali, prelevato
in contanti o trasferito all’estero (in Bulgaria, Regno Unito,
Polonia, Germania, Belgio, Lituania).
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Fonte Ansa.it